Fusione nell’universo: i lampi di raggi gamma Understand article

Traduzione di Lucilla Croce Ferri. Henry Boffin dall’ESO a Garching, Germania, mostrai i misteri dei lampi di raggi gamma dalla loro prima scoperta alla ricerca più recente su queste drammatiche esplosioni astronomiche.

Lo strumento GROND all’osservatorio
ESO La Silla è dedicato allo studio dei
lampi di raggi gamma

Immagine cortesemente messa a
disposizione dall’ESO

Tutto iniziò come un film di James Bond. Durante gli anni 60, nel mezzo della Guerra Fredda, gli Stati Uniti lanciarono una serie di satelliti sensibili alla radiazione gamma per monitorare l’osservanza dell’Unione Sovietica del Trattato di Abolizione dei Test Nucleari, che vietava i test nucleari nell’atmosfera, sott’acqua e nello spazio.

Nessuna esplosione fu individuata nell’atmosfera terrestre. Invece furono individuati misteriosi lampi di raggi gamma provenienti dallo spazio, come se – come fu poi scritto dalla stampa scandalistica – i marziani stessero conducendo una grande guerra intergalattica!

Siccome i pochi scienziati che avevano accesso ai dati (militari) volevano controllare tutti i dettagli, fu solo nel 1973, sei anni dopo la loro individuazione, che la scoperta di queste esplosioni enigmatiche fu annunciata alla comunità scientifica. Sfortunatamente, i primi rivelatori di raggi gamma non potevano localizzare la sorgente dei raggi gammi nel cielo in modo accurato, iniziando così una lunga controversia sulla loro origine.

Torcia o faro?

Gli scienziati non solo non potevano dire dove fossero tali esplosioni, ma neppure dire quanto fossero lontane. Avvenivano nelle nostre vicinanze – nel Sistema Solare o nella nostra galassia – o erano molto più lontane? Senza conoscere la distanza, non era possibile determinare la potenza di questi eventi: erano solo “scintille” sulla superficie di comete, comete che cadevano su stelle compatte, o gigantesche esplosioni che sfidavano la nostra conoscienza? La situazione non era diversa da quella di una persona che, camminando di notte, vede una luce in lontananza: è la luce di una torcia di qualcuno che attraversa la strada, i fari di un’automobile lontana o il segnale rassicurante di un faro?

Gli astronomi lasciarono spaziare la loro immaginazione. In un attimo, ci furono circa un centonaio di teorie per spiegare il nuovo fenomeno – più del numero degli eventi osservati! Come spesso succede, si fecero dei progressi quando emersero nuove tecnologie, in particolare con il lancio di satelliti scientifici dedicati alla ricerca dei raggi gamma.

Lo strumento BATSE a bordo dellOsserva→riodiRaggiΓComp→n∂laNASArivelòche,∈ungiornotiπco,dueotrelamπdiraggiγa∨engonodaqualcheparte≠ll

Universo. BATSE mostrò inoltre che i lampi di raggi appaiono in tutte le direzioni. Questo sembrava contraddire l`idea che avessero origine soltanto nella nostra Via Lattea, perchè in questo caso avrebbero dovuto mostrare la tipica distribuzione piatta delle stelle deboli. Ciò in quanto la nostra galassia è un disco di stelle fortemente appiattito, come mostrato dall’aspetto stesso della Via Lattea, un fascio di stelle che attraversa l’intero cielo notturno.

Anche se cruciali, queste osservazioni non fermarono del tutto il dibattito e alla fine degli anni 80, gli astronomi erano ancora divisi in due campi opposti: i primi credevano che i lampi di raggi gamma fossero dovuti a “eventi locali” – tipo comete che cadono su stelle di neutroni – e fossero collocati in un alone attorno alla nostra galassia. L’altro gruppo rifiutava questa ipotesi e sosteneva che i lampi di raggi gamma fossero eventi drammatici, legati alla morte di stelle e alla nascita di buchi neri, e che avvenissero ovunque nell’Universo.

La disputa infuriò fino a quando il satellite italo-tedesco BeppoSaxw2, lanciato nel 1996, usò una combinazione di camere a raggi X e rivelatori di raggi gamma per mostrare che i lampi di raggi gamma hanno origine in galassie molto distanti. Da allora, il lampo di raggi gamma più distante risultò essere posizionato a più di 12.8 miliardi di anni luce, che significa che lo stiamo osservando nello stadio in cui era, quando l’Universo aveva meno di 900 milioni di anniw3.

Gli eventi più potenti dal Big Bang

Affinchè i lampi di raggi gamma siano rilevabili dalla Terra, devono rilasciare un ammontare tremendo di energia. L’energia rilasciata durante un lampo di raggi gamma in pochi secondi è più di quanto il Sole rilascierà durante tutta la sua vita (circa 10000 milioni di anni) In altre parole, questi eventi sono così luminosi che, per un breve momento, competono in luminosità con tutto l’Universo! Tuttavia durano un periodo molto breve, da meno di un secondo a pochi minuti.

A parte lo stesso Big Bang, i lampi di raggi gamma sono senz’altro gli eventi più potenti conosciuti nell’Universo. Gli astronomi sono stati capaci di determinare che le esplosioni disturbano una regione attorno a loro molto estesa – in un caso, circa 5500 anni luce, che è più di un quinto della distanza tra il Sole e il centro della nostra galassia. Tutto il materiale in questa regione di spazio sarà ionizzato, cioè gli atomi saranno privati della maggior parte dei loro elettroni, se non di tutti. Se ci fosse della vita in questa regione dell’Universo, verrebbe probabilmente cancellata. Infatti, alcuni scienziati sostengono che l’estinzione di massa dell’Ordoviciano-Siluriano, che avvenne approssimativamente 450 milioni di anni fa e in cui circa il 70% di tutte le specie della Terra furono sterminate, fu causata da un lampo di raggi gamma vicino.

Così i lampi di raggi gamma sono eventi incredibili, che producono distruzione nelle loro galassie e liberano un ammontare estremamente elevato di energia. Ovviamente la questione è quale “meccanismo” può produrre tali eventi. La formazione di un buco nero è un evento molto potente, così gli astronomi cominciarono a indagare se le due cose – i lampi di raggi gamma e i buchi neri – potessero essere messi in relazione.

Anche se i dettagli sono ancora lontani dall’essere chiariti, gli scienziati ora credono che il modello migliore per spiegare i lampi di raggi gamma sia la “palla di fuoco”. Secondo questo modello, durante la creazione di un buco nero, l’energia rilasciata dall’esplosione è immagazzinata nell’energia cinetica di uno strato di particelle – una palla di fuoco – che si espande ad una velocità vicina a quella della luce. Inizialmente, la densità del materiale che esplode è così alta che nemmeno particelle evanescenti come i fotoni e i neutrini possono scappare. Mentre la palla di fuoco si espande ad un diametro di 10-100 miliardi di chilometri, la densità fotonica diminuisce abbastanza perchè i raggi gamma sfuggano liberamente: parte dell’energia cinetica della palla di fuoco è convertita in radiazione elettromagnetica, che risulta in un lampo di raggi gamma.

Lunghi e corti

L’abbondanza di osservazioni di lampi di raggi gamma ha rivelato che ne esistono principalmente di due tipi: quelli lunghi (che durano più di due secondi) e quelli corti (che durano da pochi millisecondi a due secondi). La differnza tra i due non è solo nella loro durata: i lampi corti sono costituiti anche da fotoni più energetici che quelli lunghi. Chiaramente, benchè entrambi i tipi di lampi di raggi gamma siano associati ai buchi neri, le origini fisiche precise dei due tipi devono essere diverse.

Negli anni recenti, un grande sforzo internazionale ha mostrato in modo convincente che i lampi lunghi di raggi gamma sono collegati con l’esplosione finale di stelle molto massicce (ipernove), con una massa iniziale di più di 30-40 volte la massa del Sole, mentre collassano in un buco nero. L’evidenza chiave venne fornita con l’aiuto dei telescopi ESO nel 2003w4. Usando il telescopio “Very Large Telescope”w5 dell’ESO gli astronomi ottennero, nell’arco di un mese, spettri del bagliore residuo che si affievoliva di un lampo gamma (afterglow). Questo permise loro di osservare il graduale emergere di un spettro di tipo supernova, che rivelava l’esplosione estremamente violenta di una stella.

Osservazioni di un lampo di raggi gamma corto in una galassia molto distante per mezzo dell’VLT dell’ESO. L’immagine a sinistra fu presa il 24 luglio 2005, 12 ore dopo il lampo gamma, mostrando la posizione del lampo gamma GRB 050724 come misurata dal telescopio a raggi X Swift (XRT) e dal satellite a raggi x Chandra. La croce blu è la posizione del bagliore residuo ottico. Un’ulteriore immagine fu presa il 29 luglio 2005 e un’immagine fu sottratta all’altra, producendo l’immagine sulla destra. Questa rivela il bagliore, che indica le presenza del lampo di raggi gamma
Immagine cortesemente messa a disposizione dall’ESO

Molti altri eventi hanno permesso agli astronomi di collegare i lampi di lunga durata di raggi gamma alle ipernove. Uno di questi eventi avvenne l’11 dicembre 2001 e fu osservato dal satellite ESA XMM-Newtonw6, soltanto 11 ore dopo che il lampo era stato rivelato. A quel tempo, l’oggetto emetteva sette milioni di volte più raggi X di una galassia normale! Questo permise a XMM di prendere spettri dettagliati del lampo, permettendo agli astronomi di rilevare i segni caratteristici di molti elementi, tipo il magnesio, il silicio e il nichel, che sono emessi tipicamente da una stella che esplode (per più dettagli sulla formazione di metalli pesanti, vedi Rebusco, Boffin & Pierce-Price, 2007). Gli astronomi stavano scoprendo della materia emessa recentemente da una supernova

Curva di luce del lampo gamma il 7
giugno 2006, GRB 060607A. I punti
rossi sono dati ottenuti all’osservatorio
dell’ESO La Silla, osservando il bagliore
residuo (nel vicino infrarosso) del lampo.
La linea blu, adattata ai dati, permette
agli astronomi di determinare il picco
della curva di luce e così di derivare la
velocità del materiale. Fu trovato che la
materia si muove ad una velocità molto
vicina alla velocità della luce

Immagine cortesemente messa a
disposizione dall’ESO

Stelle che si uniscono

E a proposito dei lampi di raggi gamma di breve durata? Fino a poco tempo fa, gli astronomi non erano capaci di rivelare un bagliore residuo. Perciò non era possibile localizzarli in modo preciso e dedurre così l’ambiente in cui si erano formati o caratterizzarli attraverso la loro curva di luce (variazione della luminosità nel tempo) o lo spettro.

Le cose cambiarono il 9 maggio 2005, quando il satellite NASA/ASI/PPARC Swiftw7 rilevò un lampo di raggi gamma della durata di 40 millisecondi e lo localizzò con una precisione sufficiente per permettere agli astronomi di puntare il telescopio dell’ESO Very Large Telescope verso di lui e di prendere delle immagini. Si trovò che il lampo, chiamato GRB 050509B, risiedeva in una galassia ellittica luminosa, non in fase di formazione stellare, ad una distanza di 2700 milioni anni-luce.

Questo rende difficile invocare il modello di ipernova, perchè non è probabile trovare una supernova collassata in questo tipo di galassia, che non produce più stelle ed è perciò generalmente priva delle stelle massicce dalla vita breve che collassano in ipernove. D’altra parte, galassie ellittiche luminose che non producono stelle ospitano molti sistemi binari stretti (due stelle che orbitano molto vicino l’una all’altra) composti da stelle compatte. Ciò sostiene l’altro modello più diffuso, in cui i lampi di raggi gamma sono causati quando due stelle di neutroni in un sistema binario si uniscono per formare un buco nero. Per essere sicuri che il modello di ipernova potesse essere escluso, gli astronomi osservarono il lampo per altre tre settimane, fino a quando furono sicuri che anche la più debole supernova sarebbe stata scoperta. Ma non fu trovata nessuna supernova.

Pochi mesi più tardi, degli astronomi rilevarono per la prima volta il bagliore residuo ottico di un lampo corto di raggi gamma. Le immagini ottenute all’osservatorio La Silla dell’ESO in Cile mostravano una sorgente che si indeboliva ai confini di una galassia. Gli astronomi osservarono il lampo, chiamato GRB 050709, per 20 giorni ma non rivelarono nessun segnale tipo supernova. Questo dà ulteriore accredito all’idea che i lampi corti di raggi gamma avvengono non come risultato di una ipernova, ma come due stelle molto compatte che si fondono per formare un buco nero.

Nel modello della fusione (vedi immagine), due stelle massive orbintanti una attorno all’altra bruciano il loro combustibile in circa 100 milioni di anni e collassano in stelle di neutroni molto dense di circa 10-20 chilometri di diametro. Per un periodo tra i 100 milioni fino a qualche miliardo di anni, i due oggetti continuano a perdere energia e, mentre lo fanno, la loro orbita si restringe. Alla fine si scontrano e producono un lampo corto di raggi gamma. La teoria funziona anche se una stella diventa un buco nero, invece di una stella di netroni, che alla fine divora la sua stella di neutroni compagna.

Il modello della fusione:si pensa che i lampi di raggi gamma brevi siano prodotti quando due oggetti molto compatti (stelle di neutroni o buchi neri) si fondono per produrre un buco nero
Immagine cortesemente messa a disposizione dall’ESO

Quarant’anni dopo la scoperta dei lampi di raggi gamma, ora sappiamo che questi avvengono ovunque nell’Universo, dal margine più lontano alla galassia più vicina. Abbiamo anche una spiegazione per i due tipi più comuni di lampi scoperti. Ma la natura è spesso più complicata di quanto noi tendiamo a credere: con il progresso nelle tecniche di osservazione, gli astronomi continuano a scoprire nuovi tipi di lampi di raggi gamma e la storia così non è ancora finita.


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Questo è un articolo molto entusiasmante, che introduce e discute un fenomeno che coinvolge una quantità tremenda di energia: i lampi di raggi gamma. L’articolo potrebbe essere usato per stimolare una discussione sull’origine e i misteri dell’Universo, come pure sulle scoperte scientifiche e i vantaggi tecnologici nella ricerca. Potrebbe anche incoraggiare giovani studenti a interessarsi di astronomia.

Alessandro Iscra, Italia

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