Antichi dentini rivelano che i primi mammiferi vivevano quasi come i rettili Understand article

Lo studio di denti vecchi di 200 milioni di anni, appartenenti ai più antichi mammiferi, suggerisce che questi potrebbero avere vissuto come i rettili.

Ricostruzione artistica di Morganucodon (sinistra) e Kuehneotherium (destra) a caccia nel Galles del Giurassico Inferiore, 200 milioni di anni fa.
Illustrazione originale di John Sibbick, 2013. Copyright: Pam Gill.

La ricerca, condotta dall’Università di Bristol (GB) e dall’Università di Helsinki (Finlandia) rappresenta il primo caso in cui i paleontologi sono stati in grado di eseguire uno studio diretto della fisiologia dei più antichi mammiferi fossili.

I fossili di denti, delle dimensioni di una testa di spillo, appartenenti a due dei più antichi mammiferi, Morganucodon e Kuehneotherium, sono stati scansionati per la prima volta usando potenti raggi X su tre differenti linee degli acceleratori dello ESRF e della Swiss Light Source, facendo luce sulla durata della vita e sull’evoluzione di questi piccoli ammmiferi. Questi erano già noti dalle rocce giurassiche del Galles meridionale e, fino ad ora, molti scienziati ritenevano che avessero sangue caldo.

Le scansioni condotte alle linee ID19, ID16A e alla pecedente linea ID22 dell’ESRF, hanno permesso al gruppo di ricerca di studiare gli anelli di accrescimento delle radici dentarie, deposte ogni anno come gli anelli degli alberi, permettendo di contarle e di svelare quanto a lungo vissvessero questi animali. Questi risultati indicano una durata massima di vita di 14 anni – molto più lunga di quella dei loro pelosi discendenti di dimensioni simili, come topi e toporagni, che allo stato selvatico tendono a sopravvivere solo un anno o due.

“Abbiamo fatto alcune scoperte affascinanti e molto sorprendenti. Si era sempre pensato che le caratteristiche principali dei mammiferi, incluso il sangue caldo, si fossero sviluppate più o meno nello stesso momento”, dice l’autore principale Elis Newham, ricercatore associato all’Università di Bristol e autore co-corrispondente dell’articolo.

“Invece, la nostra scoperta dimostra chiaramente che, sebbene avessero cervelli più grandi e un comportamento più progredito, non avevano vite brevi e non morivano giovani, ma conducevano esistenze più lente e avevano vite più lunghe, simili a quelle di piccoli rettili come le lucertole”, aggiunge.

Gli scienziati contano gli anelli di accrescimento sui denti fossili per scoprire quanto a lungo vivevano i mammiferi più antichi. Da sinistra a destra: riconstruzione di Morganucodon; denti di Morganucodon con cemento, la struttura che collega le radici dei denti alla mascella, evidenziata in verde; il cemento cresce continuamente per tutta la vita, depositandosi ogni anno come gli anelli degli alberi, evidenziati dalle frecce colorate; questi anelli sono stati convertiti in modelli 3D, permettendo di contare 14 anni di vita in Morganucodon, che era grande come un toporagno.
Disegno: Nuria Melisa Morales Garcia. Morganucodon è basato sul modello di Bob Nicholls/Palaeocreations 2018.

Lo studio ha visto i ricercatori analizzare circa 200 campioni di denti, forniti dal Museo di Storia Naturale di Londra e dal Museo Universitario di Zoologia di Cambridge, per venire scansionati allo European Synchroton e alla Swiss Light Source. La ragione per cui erano disponibili così tanti campioni è che questi mammiferi cadevano in cavità e buche nella roccia, dove i loro scheletri, inclusi i denti, potevano fossilizzare. “Grazie all’incredibile stato di conservazione di questi minuscoli frammenti, abbiamo potuto esaminare centinaia di individui di ciascuna specie, ottenendo una maggiore sicurezza nei risultati rispetto a quello che ci si potrebbe attendere da fossili così antichi”, spiega Ian Corfe, ricercatore all’Università di Helsinki e al Servizio Geologico Finlandese, e autore co-corrispondente.

Le osservazioni allo ESRF sono state condotte su tre linee differenti. Sulla linea ID22, il gruppo di ricerca ha eseguito alcune scansioni esplorative in microtomografia ai raggi X, seguite da sansioni microtomografiche della maggior parte dei campioni su ID19.  I campioni più importanti sono poi stati osservati alla nanoscala tramite olotomografia su ID16A. “Abbiamo portato gruppi molto numerosi allo ESRF per poter scansionare quanti più campioni possibile – abbiamo avuto bisogno di una valigia per portare a casa tutti i dischi rigidi contenenti i dati! L’esperienza è stata intensa ma estremamente gratificante, specialmente le nostre discussioni con gli scienziati delle linee di acceleratore riguardo i campioni e i risultati. L’uso della tomografia multiscala, che ci ha permesso di scansionare centinaia di campioni con la microtomografia, e di scansionare nuovamente quelli meglio preservati, a risoluzione elevatissima, con l’olotomografia alla nanoscala, è stato determinante per avere la certezza che nei fossili fosse preservato il materiale contenente gli anelli di accrescimento e per studiare un numero sufficiente di campioni con cui stimare con sicurezza la durata di vita”, spiega Ian Corfe. Questa è stata anche la prima volta che un gruppo di paleontologi ha utilizzato la linea nanotomografica ID16A.

“Queste scoperte illustrano una delle caratteristice uniche della linea – la combinazione di alta energia, risoluzione spaziale nanometrica ed elevato contrasto di sensibilità. Ciò ha permesso di ottenere immagini precise di campioni fossili estremamente assorbenti”, dice Alexandra Pacureanu, scienziata allo ID16A.

Alexandra Pacureanu mentre lavora alla linea ID16A.
ESRF/Stef Candé

“Abbiamo ricostruito digitalmente le radici dei denti in 3D e queste hanno mostrato che Morganucodon viveva fino a 14 anni e Kuehneotherium fino a nove anni. Io sono rimasto sbalordito, perché queste durate di vita erano molto più lunghe degli uno o tre anni che ci saremmo aspettati da minuscoli mammiferi di dimensioni simili”, dice Newham.

“Per tutto il resto erano tipicamente mammiferi nello scheletro, cranio e denti. Avevano denti masticatori specializzati, cervelli relativamente grandi e, probabilmente, una pelliccia, ma le loro lunghe vite suggeriscono che conducessero un’esistenza più rettiliana che da mammiferi. Ci sono dati affidabili secondo i quali gli antenati dei mammiferi divennero sempre più animali a sangue caldo a partire dal Permiano Superiore, oltre 270 milioni di anni fa; ma, ancora 70 milioni di anni dopo, i nostri antenati funzionavano ancora come i moderni rettili poiuttosto che i mammiferi”.

Mentre il loro ritmo di vita rimaneva rettiliano, nel tessuto osseo di questi mammiferi è stata trovata l’evidenza di una capacità intermedia per l’attività fisica intensa. Dato che l’osso è un tessuto vivo, contiene vasi sanguigni. Il diametro di questi vasi sanguigni indica il massimo flusso sanguigno possibile per l’animale, un fattore critico per attività come la ricerca di cibo e la caccia. Nell’osso della coscia di Morganucodon, il gruppo di ricerca ha scoperto che i vasi sanguigni avevano portate un po’ più elevate di quelle di lucertole delle stesse dimensioni, ma molto inferiori a quelle dei mammiferi moderni. Ciò suggerisce che questi antichi mammiferi fossero attivi per tempi più lunghi dei piccoli rettili, ma non potessero condurre lo stile di vita attivo dei mammiferi moderni.

Ringraziamenti

Questo articolo è stato pubblicato originariamente su ESRF News.


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