La fusione nell’universo: siamo tutti polvere di stelle Understand article

Traduzione di Claudia Mignone. Henri Boffin e Douglas Pierce-Price dell’ESO di Garching, Germania, indagano sui nostri antenati celesti.

<
Nucleogenesis in stars
Immagine di Mark Tiele Westra

La prossima volta che rimirate le stelle durante una passeggiata serale, dovreste riservare qualche pensiero amichevole per quelle palle incandescenti che vagano silenziose nell’immensitá dell’universo. Perché, in un certo senso, state guardando i vostri antenati: gli esseri umani, come tutte le altre creature sulla Terra – e la Terra stessa – sono figli delle stelle! La maggior parte degli elementi di cui siamo fatti o che ci consentono di vivere – carbonio, ossigeno, azoto e molti altri – sono stati creati nelle stelle. Addirittura il fluoro che rende forti i nostri denti!

La materia che noi conosciamo è composta per tre quarti di idrogeno e circa un quarto di elio. Tutti gli altri elementi sono presenti solo in piccole quantità, e gli astronomi tendono a chiamare questi elementi in tracce semplicemente ‘metalli’, anche se non si tratta esattamente di elementi metallici. L’idrogeno e l’elio furono creati proprio all’inizio, nei primi minuti di vita dell’universo. Meno di un secondo dopo il Big Bang, l’evento attraverso cui tutto ha iniziato ad esistere, quelle che erano particelle energetiche che esistevano solo temporaneamente vennero ‘intrappolate’, ‘congelate’ in protoni e neutroni, le future componenti dei nuclei atomici. Si tratta comunque di un ‘congelamento’ alquanto relativo, poichè la temperatura dell’universo a quell’epoca era ancora di molte centinaia di miliardi di gradi!

Durante il primo secondo dopo il Big Bang, la temperatura era cosí elevata che i protoni e i neutroni erano in equilibrio. Ma presto la temperatura calò al di sotto di un valore critico, e i neutroni iniziarono a decadere, producendo ognuno un protone, un elettrone e un anti-neutrino. Questo decadimento è possibile perchè il neutrone ha una massa maggiore rispetto a quella del protone. L’universo sarebbe presto rimasto privo di neutroni, se non ci fosse stata una reazione che potesse ‘preservarli’, combinando un neutrone e un protone per formare un deuterone, il nucleo del deuterio.

Il deuterio è anche detto idrogeno pesante ed è famoso soprattutto per la sua importanza nelle bombe nucleari che i tedeschi provarono a costruire durante la Seconda Guerra Mondiale. Una volta creati i nuclei di deuterio, é possibile la formazione di altri nuclei più pesanti. Quando due deuteroni collidono, producono un neutrone e un nucleo di elio – nella variante leggera detta elio-3, che consiste in un neutrone e due protoni. Il processo può poi fare un altro passo avanti, producendo il più comune nucleo di elio-4, costituito da due neutroni e due protoni. Quasi tutti i neutroni nell’universo finiscono in normale elio-4, ma alcuni nuclei di elio si combinano tra loro formando nuclei più pesanti, producendo così una piccola quantità di litio-7.

Dunque, tre parti di idrogeno, una parte di elio-4, un pò di deuterio ed elio-3, e un pizzico di litio. Qualche minuto dopo il Big Bang, la grande zuppa cosmica è pronta, la base per tutti gli altri ingredienti che ancora devono formarsi nell’universo: stelle, pianeti e, infine, la vita. Incredibilmente, la preparazione di questa zuppa è così semplice che anche il cuoco più inesperto potrebbe provarci. Infatti, l’equilibrio di tutti gli ingredienti dipende da un solo parametro: la densità iniziale di protoni e neutroni. Quando gli astronomi hanno misurato la quantità di questi elementi nell’universo, hanno trovato valori molto in accordo con quelli predetti teoricamente. Questo forte accordo fu uno dei colpi di grazia per gli oppositori della teoria del Big Bang.

E per quanto riguarda gli elementi più pesanti? Se non furono creati nei primi momenti di vita dell’universo, da dove vengono e quando sono stati prodotti? La risposta è racchiusa nelle stelle.

Negli interni stellari, la temperatura e la densità sono abbastanza elevate per superare le forze repulsive che (in condizioni normali – n.d.t.) tengono i nuclei atomici lontani gli uni dagli altri, consentendo, invece, la loro fusione. Nel terzo numero di Science in School abbiamo visto come la potenza del Sole sia dovuta alla fusione dei nuclei di idrogeno, che formano elio nella parte centrale della stella (Westra, 2006). Lo stesso processo avviene in tutte le stelle che si trovano nella ‘sequenza principale’, la fase della loro vita in cui bruciano idrogeno.

Il meccanismo attraverso il quale le stelle producono elio dall’idrogeno dipende dalla massa della stella: stelle di massa uguale o inferiore a quella del Sole trasformano idrogeno in elio soprattutto mediante la ‘catena protone-protone’ (vedi immagine). Nelle stelle più massicce, il meccanismo principale è il ‘ciclo CNO’, in cui atomi di carbonio, azoto e ossigeno si comportano da catalizzatori per la reazione di fusione di idrogeno in elio (vedi immagine).

Il ciclo CNO suggerisce un apparente paradosso: se il carbonio, l’azoto e l’ossigeno vengono essi stessi prodotti nelle stelle, come possono essere usati come catalizzatori per fondere l’idrogeno in elio? La soluzione è da ricercarsi nel fatto che le stelle si formano dai resti di generazioni precedenti di stelle. Le primissime stelle contenevano, in effetti, soltanto idrogeno ed elio, e li hanno convertiti in elementi più pesanti. Questi elementi più pesanti sono poi stati liberati nel mezzo interstellare quando le stelle che li hanno prodotti sono esplose sotto forma di supernove. Il mezzo interstellare e’ stato così progressivamente aricchito di carbonio, azoto e ossigeno, e la successiva generazione di stelle che si è formata conteneva una piccola quantità di questi elementi, sufficiente per poter agire da catalizzatori.

La nebulosa Dumbbell
(letteralmente, nebulosa
Manubrio, per via della sua
forma – n.d.t.), fatta di gas
molto rarefatto che e` stato
espulso dalla stella calda al
centro (visibile nell’
immagine), in una delle sue
ultime fasi evolutive.

Immagine ESO

Durante la sequenza principale, il periodo più lungo nella vita di una stella, l’idrogeno viene convertito in elio. Alla fine, il centro della stella, il luogo dove avviene la reazione di bruciamento, rimane praticamente privo di idrogeno, e la stella evolve, diventando più grande, più fredda e più rossa – una ‘gigante rossa’. Dopo un breve periodo, la temperatura e la densità nel centro aumentano abbastanza da far sì che nuove reazioni abbiano inizio. A questo punto, è l’elio che comincia a bruciare. Due nuclei di elio si possono fondere e formare un nucleo di berillio. Sebbene i nuclei di berillio siano instabili, e la maggior parte di essi si disintegri rapidamente, qualcuno di essi collide con un altro nucleo di elio, producendo carbonio. Il risultato netto è, quindi, che tre nuclei di elio formano un nucleo di carbonio. Una frazione di questi nuclei di carbonio collide con altri nuclei di elio formando ossigeno. Nel centro di queste stelle giganti, quindi, l’elio viene trasformato in un miscuglio di carbonio e ossigeno.

Per stelle poco più grandi del nostro Sole, questa sarà la fine. Una volta formato questo nucleo centrale fatto di carbonio e ossigeno, la stella espelle i suoi strati esterni sotto forma di ‘nebulosa planetaria’, lasciandosi dietro una ‘nana bianca’.

Per quanto riguarda le stelle più massicce, invece, l’avventura continua. La forza di gravità esercitata da una stella così grande è ancora forte e fà sì che il collasso del nucleo centrale continui, aumentando la densita` e la temperatura così tanto da rendere possibili altre reazioni nucleari, che portano alla formazione di elementi ancora più pesanti. In questo modo vengono prodotti elementi come neon, magnesio e silicio, e in seguito zolfo, cloro e calcio. Tutti questi elementi hanno un numero di nucleoni (particelle che compongono il loro nucleo, cioè neutroni e protoni – n.d.t.) che è un multiplo di quattro, poichè derivano dalla combinazione di nuclei di elio tra loro. Poichè il nucleo di elio è anche detto particella alfa, questi elementi vengono chiamati elementi alfa e sono i più abbondanti tra gli elementi pesanti.

In ogni caso, la cattura di un nucleo di elio non è l’unico processo possibile per formare elementi più pesanti. I nuclei possono, in casi più rari, catturare altre particelle, quali neutroni, protoni e deuteroni. In questo modo si possono produrre una varietà di elementi, come fluoro o sodio. Questi elementi sono tuttavia presenti in quantità minori.

L’elemento che si forma alla fine del processo alfa (mediante combinazione di nuclei di elio) è il nichel-56. Questo nucleo – che contiene 28 protoni e 28 neutroni – è instabile, e decade spontaneamente in ferro-56, che contiene 26 protoni e 30 neutroni ed è stabile. Fin qui, tutte le reazioni avvenute nella stella hanno prodotto energia, consentendo alla stella di continuare la sua vita e di ‘resistere’ alla gravià. Ma ciò non è più possibile dopo la formazione del ferro-56. Trattandosi del nucleo più stabile che esista – possiede l’energia di legame più alta – il ferro-56 può trasformarsi in altri elementi solo fornendo energia al processo (si tratta di una reazione endoenergetica – n.d.t.), al contrario delle precedenti reazioni, che producono energia (dette reazioni esoenergetiche – n.d.t). La stella non può più sfruttare le reazioni nucleari per sostenersi. La produzione di ferro nel centro di una stella massiccia è dunque profezia di morte: la stella non può più lottare contro la gravità. Inizia così a contrarsi: il collasso e l’onda d’urto che ne derivano pongono fine alla sua vita con un’esplosione grandiosa e drammatica, una supernova. Con l’esplosione, la stella rilascia nel mezzo interstellare tutti gli elementi che ha prodotto – e ne creerà ancora altri poco prima di morire. Ma questa è un’altra storia…

La predizione di un genio

Il ‘triplo processo alfa’ (vedi immagine) è un esempio di cattura di nuclei di elio. E` una reazione a due stadi in cui un nucleo di carbonio si forma da tre nuclei di elio. Dapprima, due particelle alfa (nuclei di elio) collidono per formare un nucleo di berillio-8. Questo è instabile e decade molto rapidamente. Per questo è molto improbabile che un terzo nucleo di elio possa venire catturato prima che il berillio-8 decada. Per produrre una quantità significativa di carbonio nell’universo, occorrerebbe un qualche fattore aggiuntivo che produca una combinazione favorevole più probabile

Ma noi sappiamo che il carbonio viene prodotto – se così non fosse, noi umani, e tutti gli esempi di vita sulla Terra, non saremmo qui a parlarne, e voi non stareste leggendo questo articolo! Seguendo questa linea di ragionamento semplice ma profonda, il celebre astronomo britannico Fred Hoyle (1915-2001), con un tipico colpo di genio, predisse che un qualche fattore aggiuntivo dovesse esistere. Gli scienziati ne cercarono conferma in laboratorio e, abbastanza sicuri di trovarla, scoprirono una ‘risonanza’ ignota in precedenza, una sovrapposizione dei livelli energetici tra i nuclei di berillio-8 e di elio-4, e il nucleo di carbonio-12 che essi formano. Questa risonanza aumenta di gran lunga la probabilità di una combinazione favorevole, proprio come Hoyle aveva previsto. Questo è un esempio affascinante di una predizione scientifica basata sul semplice fatto che gli scienziati (e la vita stessa) devono esistere per rifletterci su.


References

Web References

  • Per ulteriori informazioni sull’ESO (European Southern Observatory: Organizzazione Europea per la Ricerca Astronomica nell’Emisfero Meridionale) e i suoi progetti educativi, visitate il sito: www.eso.org/public/outreach/eduoff/

Institutions

License

CC-BY-NC-ND

Download

Download this article as a PDF